8 anni

scrivo da un nuovo dispositivo. Dal pc non riesco ad accedere, così ho saltato l’ultimo anniversario. Ma non è solo il problema tecnico. Sono io. Non saprei cosa scrivere di diverso da quanto detto. Per chi approda qui cercando risposte.
dopo un po’ diventa sopportabile. Si impara a conviverci…si resiste e ci si rinnova.
tu bimba mia, resti sempre

6 anni di noi

Sono passati 6 anni. Sono tanti e me ne rendo conto perché ormai faccio fatica a tenere il conto. Ieri riflettevo sulla capacità del corpo di avere memoria del dolore provato, nonostante il tempo trascorso. Non si spiegherebbe altrimenti la depressione profonda di questi giorni, lo struggimento che afferra lo stomaco, la sensazione di vertigine e di buio. In questi 6 anni ho imparato la paziente arte della convivenza anche con i momenti oscuri, momenti che ho imparato a considerare come generatori di nuovi equilibri e consapevolezze. Mi tengono comunque legata a te, mi ricordano di te. Mi spiace che il ricordo sia legato al dolore, ma è questo che ci è toccato in sorte, bimba mia. Forse in futuro ci saranno ricordi di luce, di gioia, ma siamo ancora a fare i conti con la sofferenza e con l’esercizio di cercare bellezza nel dolore. Penso spesso al fatto che avrei probabilmente dovuto cercare aiuto, elaborare il lutto, ma resta il dato della mia incapacità di aprirmi al prossimo, di mostrarmi vulnerabile.

E così vado avanti da sola. Silenziosamente. E ti porto con me. Sempre

Cinque anni

Piccina cara, sono passati cinque anni dal nostro primo e unico contatto delicato. Il dolore, nel frattempo, ha mutato forma. Nei primi tempi mi stringeva alla gola, mozzandomi il respiro. Adesso mi avvolge come una lieve cortina di nebbia…ottunde un po’ le emozioni, sfoca i colori della vita. Finisci quasi per non farci più caso, ma nei momenti di luce ti rendi conto dell’opacità in cui sei reclusa.

La vita è stata generosa con me, mi ha donato un arcobaleno prezioso, un luminosissimo dono d’amore. E io mi imbevo di questa grazia e vado avanti.

Ma la cortina di nebbia è sempre accanto a me…e se questo è il segno della tua dolcissima presenza, me la tengo stretta e vado avanti.

Ciao Claudia mia

Ancora sogni

Due notti fa, proprio a cavallo tra i tuoi giorni, ho fatto un sogno. Non è una novità, ma questo in particolare ho bisogno di ricordarlo. Forse un giorno capirò.

Scopro di essere incinta. Nel senso che mi ritrovo a fissarmi il pancione. Non è un pancione da termine di gravidanza, ma è decisamente un pancione “avanzato”. Non sono emotivamente coinvolta, non provo emozioni particolari. So che è una bambina e mi trovo a pensare “caspita, due sorelline!”…poi dico “no, un maschio e una femmina”. La bimba si muove con energica violenza dentro di me, tanto che ad un certo punto spuntano due piedini e capisco che è podalica. Improvvisamente mi rendo conto di dover subito andare al pronto soccorso per partorire, con la consapevolezza di dover fare un cesareo. Sono dispiaciuta e molto preoccupata per il post partum, per la gestione della ferita. Mi vengono incontro le parole delle mie amiche che hanno partorito con taglio cesareo e le loro difficoltà divengono le mie. Mi ritrovo al pronto soccorso, devo partorire o, meglio, percepisco che c’è un’urgenza che devo condividere in pronto soccorso. Ma c’è confusione e non mi possono ricevere. Mi mettono su un bus per trasferirmi in altro pronto soccorso e io sono davvero in ansia per gli scossoni prodotti dal mezzo in movimento. La bambina si muove violentemente, mi rivolta la pancia. Una sensazione che ricordo bene…

Arrivo di nuovo al pronto soccorso….ma ancora confusione. E mi sveglio.

Non so cosa mi abbia segnata di questo particolare sogno. La cosa più nitida che ricordo è la sensazione della pancia “travolta” dai movimenti della bambina e la mia distanza emotiva dalla vicenda, così come la sensazione di dover intervenire per l’incombere di un pericolo imminente…

Chissà….

4 anni

E siamo ancora qui. Quattro anni dopo. Io e te

di passi avanti ne abbiamo fatti quanto basta e di involuzioni ce ne sono state un po’. Ma siamo ancora qui. Tutto sommato in piedi.
l’altra sera riflettevo sul fatto che probabilmente lasciarti andare è stato un errore incommensurabile. Sto facendo i conti con l’idea che, forse, avrei dovuto far scegliere a te quando e come andare via. Follia? Possibile. L’ho detto che i passi in avanti sono quanto basta…

e mi rendo anche conto che scrivere qui oggi non mi aiuta. Appesantisce il fardello, lo disvela nella sua meschinità e fragilità.

volevo solo dirti che mi manchi, sempre, infinitamente

La tua mamma

Tre anni

Amore mio, davvero sono passati tre anni da quel nostro unico, struggente sfiorarci?

È vero, di strada ne ho fatta tanta. Eppure talvolta mi sembra di essere ferma sempre nello stesso punto. Il dolore? Morde sempre…ma il morso ha raggiunto ormai l’osso ed è sordo e costante. Infido. Ti prende all’improvviso, quando hai abbassato la guardia. Basta un particolare, una parola, un’immagine. Ritorna ad onde. Ti travolge e poi ti lascia andare. Ed è allora che torni a respirare a pieni polmoni, che ti rialzi e corri verso la riva del mare per metterti in salvo. Ma le onde tornano ineluttabili. Sempre.

La verità, bambina mia, è che la mia vita è cambiata per sempre. Appare ad un occhio distratto immutata, ricca, appagante. Lo è, certamente. Ma è anche una vita monca, mutilata. Priva di te.

Ma tu ci sei. Lo so. Percepisco l’immensità luminosa che adesso sei, anche se sono sempre nel dubbio che tu non mi abbia perdonata. Mi accompagni in ogni cosa. Ed io  ti tengo strettissima nel cuore.

Tre anni…e mi manca ancora il fiato. Ma vado avanti. Ogni tanto barcollo. Poi torno dritta.

Bimba mia, ti amo immensamente. Come dice il tuo papà, tu ci sei. Abbiamo solo spostato in avanti il momento in cui staremo finalmente insieme.

Non riesco a dire altro. Il dolore sa essere vile e spegnere le parole. Ma io dentro sono fiorita di colori e di emozioni.  E tu lo sai.

Due anni

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Sono passati due anni da quando ci siamo dette definitivamente addio. Pensavo di avere un fiume di parole, invece il silenzio prevale. Sono stati giorni intensi. Ho camminato sul doppio binario: quello di ieri e quello di oggi. Gli stessi luoghi, gli stessi spazi, le stesse persone. Ma circostanze così diverse, così opposte, nel bene e nel male, da lasciarmi intontita e priva di pensieri coerenti.

In questo momento non riesco a pensare troppo. Ogni volta che penso al nostro addio, a quel letto di ospedale, a mia madre accanto a me e a mio marito in lacrime silenziose nella sala d’aspetto, mi tremano i polsi. Quanto dolore. Troppo dolore.

Allora faccio silenzio. Apro il mio cuore al tuo ricordo. Sei sempre con me. Sei dentro di me. Il mio cuore è davvero la tua culla.

Spero tu sia nella luce, amore mio.

Continuare a camminare

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Tra falene enormi che continuano ad inseguirmi e trattori che lasciano scie di marmellata di fragola, i miei sogni non smettono di perturbarmi.

In tutto questo, però, arrivano anche notizie che non vorresti proprio ricevere. La mia nonnina sta male. Molto. Irreparabilmente.

Questa cosa mi ferisce a moltissimi livelli. Per quello che è stato e per quello che non potrà mai essere.

E nonostante tutti gli sforzi per pensare positivo, per evitare lo stress, per avere fiducia nel futuro…ecco io sono proprio stanca e sto per finire tutte le risorse emotive in mio possesso.

Ma sono anche una grandissima testa dura e so che continuerò lo stesso a camminare. A pezzi, dolente, ferita nel cuore….ma continuerò a camminare.

Di sogni (sconnessi)

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Da un po’ di tempo la mia attività onirica sembrava essersi normalizzata.

Negli ultimi giorni, però, forse a causa di una brutta raffreddata, sono tornati i sogni turbinanti.

Non ricordo tutto, ma solo alcuni aspetti.

Un frammento di sogno riguarda me in interazione con uno dei vertici della mia sede lavorativa. é scortese e aggressivo (come accade quando è molto molto arrabbiato), ma il mio turbamento è tutto causato da un ronzio. Scopro che c’è una falena enorme che mi vola attorno. Le sue dimensioni sono paragonabili a quelle di un piccione ed emette un ronzio pari alle sue dimensioni. Mi allontano terrorizzata (ho la fobia delle falene) e mi avvicino alla persona arrabbiata. Scopro con disgusto che ci sono in giro altre falene grandi (ma non come la prima). Mi sento in trappola, devo fuggire, ma nel frattempo il tipo mi investe con una serie di ordini molto precisi sul da farsi. Provo a obiettare alcune cose, ma mi interrompe bruscamente. La mia paura sale, mi avvicino ad una porta e dico “scusate, io parlo da fuori perché ho paura delle falene” ed esco. Guardo il resto della scena da uno spiraglio.

Il secondo frammento riguarda me che sono in una bara nera con una croce dorata sopra. La bara è morbida, fatta di quel tessuto che si usa per le sacche portavestiti e le scatole ikea montabili.

Sono dentro la bara, ma nel contempo sono fuori e la trasporto. Sono come sdoppiata. La porto a casa mia e la metto nella stanzetta che al momento è vuota, per terra. C’è qualcosa che mi turba dentro quella bara. Esattamente al centro. So che se la apro avrò paura del contenuto. Accadono altre cose nel sogno, ma non ricordo. So solo che ad un certo punto ricordavo la bara e mi turbavo.

C’è stato anche un sogno bello. Un test di gravidanza positivo, seguito,  per sicurezza, da un altro test positivo. Non è la prima volta che sogno di essere di nuovo madre e di avere un bimbo tra le braccia.

In attesa che quest’ultimo sogno diventi realtà, vado a cercare di capire cosa vuole comunicarmi il mio inconscio 🙂

 

Un piccolo passo avanti (?)

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Negli ultimi giorni, per lavoro, ho visto numerose donne con pancione.

Non ho provato nessuna sensazione negativa. Nessuna tristezza. Nessuna fitta allo stomaco. Nessuna nostalgia. Nessun dolore.

Tutto normalissimo. Ho anzi scherzato con loro sul diritto di precedenza nella fila. Ad una futura mamma ho offerto un posto in una poltrona comoda.

Lo voglio leggere come un passo in avanti verso la pacificazione del mio cuore.