Sono passati 6 anni. Sono tanti e me ne rendo conto perché ormai faccio fatica a tenere il conto. Ieri riflettevo sulla capacità del corpo di avere memoria del dolore provato, nonostante il tempo trascorso. Non si spiegherebbe altrimenti la depressione profonda di questi giorni, lo struggimento che afferra lo stomaco, la sensazione di vertigine e di buio. In questi 6 anni ho imparato la paziente arte della convivenza anche con i momenti oscuri, momenti che ho imparato a considerare come generatori di nuovi equilibri e consapevolezze. Mi tengono comunque legata a te, mi ricordano di te. Mi spiace che il ricordo sia legato al dolore, ma è questo che ci è toccato in sorte, bimba mia. Forse in futuro ci saranno ricordi di luce, di gioia, ma siamo ancora a fare i conti con la sofferenza e con l’esercizio di cercare bellezza nel dolore. Penso spesso al fatto che avrei probabilmente dovuto cercare aiuto, elaborare il lutto, ma resta il dato della mia incapacità di aprirmi al prossimo, di mostrarmi vulnerabile.

E così vado avanti da sola. Silenziosamente. E ti porto con me. Sempre