Il giorno del mio compleanno inizia con la scoperta dell’arrivo del ciclo, con qualche giorno di anticipo. Una bella sottolineatura che il destino mi manda, giusto per indicare con chiarezza che tipo di percorso sto vivendo. Una sottolineatura che ha del positivo, perché mi tira definitivamente fuori da quella centrifuga emotiva del sono incinta/non sono incinta.
Incasso la botta e vado avanti. Mio marito mi fa trovare a colazione tre muffin al pistacchio, con incarti coloratissimi. Ci mette sopra una vecchia candelina, sa che non voglio spegnerne di nuove. Non quest’anno.
Vengono poi degli operai per dei lavori in casa. Vado dal parrucchiere per fare il colore ai capelli. Svuoto la mente. Cerco di non pensare. Di far finta che sia un giorno come tutti gli altri. Non posso permettermi di misurare la distanza tra ciò che è e ciò che sarebbe dovuto/potuto essere. Ho persino nascosto la data del compleanno su fb, in modo tale che nessuno si accorga del compleanno.
A pranzo vado da mia mamma, assieme ad A. Si è preso la giornata libera per stare con me. Finiamo di mangiare e mia madre tira fuori una torta gelato con le candeline sopra. Faccio uno sforzo enorme per non scoppiare in lacrime. Mio padre mi scatta una foto. L’ho guardata e ho ritrovato nei miei occhi struggimento e malinconia. Mio marito mi è accanto, mi stringe la mano. Sorride. Ma anche i suoi occhi sono tristi.
Torno a casa, stremata, e mi metto a letto. Mi addormento. Sogno. Sono nella mia vita “altra”. La culla è accanto al mio letto. La casa frizza di vita. Ci sono biberon e sterilizzatori. E io chiamo Claudia. La chiamo e la richiamo. Mi rendo conto che sono sveglia, che sto piangendo e continuo a chiamarla disperatamente.
Claudia, bambina mia. Claudia. Mio picciolo enigma luminoso. Dovei sei, Claudia. Dimmi che mi sei accanto.
Apro gli occhi e vedo in televisione delle mongolfiere.
Le mongolfiere. Il tema di casa nostra. Ci sono ovunque. In cucina, in camera da letto. Le amiamo.
Allora la mia mente e il mio cuore hanno un sussulto e si aggrappano, entrambe e contemporaneamente, ad una speranza. Forse è la mia bambina che mi manda una mongolfiera per consolarmi? Cerca di comunicarmi qualcosa?
Da quel momento, ogni giorno, trovo/vedo mongolfiere.
Mi rimetto in piedi e mi preparo per un giro di shopping. Lo faccio soprattutto per uscire di casa ed evitare visite di suocera e cognata. Non potrei farcela.
Giro a vuoto per i negozi. Capisco che sto per crollare definitivamente. Chiedo ad A. di andare. Appena salgo in macchina le lacrime scorrono come un fiume in piena, senza controllo. A. entra in frustrazione e diventa lievemente aggressivo nelle sue parole. Mi dice di smetterla, che devo ricordare di quanto nella vita sono stata e sono fortunata. Che esistono cose peggiori, bambini gravemente malati, lutti atroci. Gli dico che lo so perfettamente, che lo ripeto a me stessa come un mantra dalla mattina. Ma che adesso ho bisogno disperato di piangere. Il dolore tracima e non posso più contenerlo.
Arrivo a casa. Non voglio cenare. Mi sale la febbre. Vado a letto. Accendo il telefono, spento dalla mattina per non sentire nessuno. Guardo wahtsapp e leggo i messaggi delle mie amiche di CiaoLapo. Mi scrivono che la mia bambina oggi si è data da fare per farmi una sorpresa, per farsi sentire vicina. Alludono a qualcosa di bello e sono sorprese e felici per me. Intuisco. Capisco. Resto senza fiato.
Hanno organizzato uno scambio di regali tra mamme speciali, come quelli che si fanno a Natale, a cui ho aderito anche io. Si manda un regalo ad una mamma che viene assegnata con un sorteggio, in modo casuale. E che non sa chi manda il regalo finchè non lo riceve. Io non so ancora da chi riceverò il regalo.
Ma so a chi devo mandarlo.
Le organizzatrici mi hanno detto che al primo sorteggio, tra 200 partecipanti, sono uscita io stessa. Me abbinata con me. Prima sorpresa
Ripetono il sorteggio. Estraggono il bigliettino. Seconda sorpresa.
Il mio regalo andrà alla fondatrice di CiaoLapo. Alla persona che mi ha aiutato a capire come ritrovare il corpicino di Claudia. Che mi ha salvato dal senso di colpa più atroce. Che, per prima, non mi ha più fatto sentire sola. Che mi ha permesso di avere accanto le anime belle con cui condivido questo viaggio.
Ma non è finita qui. Questa donna straordinaria ha un nome speciale.
Si chiama Claudia.